CAPIRE IL POTERE

*di Luigi Filippo Daniele.

 

Capire il potere” di Noam Chomsky (2002) è un pugno nello stomaco, che trasmette un flusso di lucidità.

Leggere “Capire il potere” non è un’esperienza neutra. È un atto di consapevolezza, uno strappo al velo della narrazione dominante. In queste pagine – trascrizioni di conferenze, interviste e dibattiti pubblici del decennio 1989-1999Chomsky non veste i panni del linguista né del filosofo, ma quelli dello storico, del testimone critico, dell’intellettuale dissidente. Il libro non è un saggio tradizionale: è un dialogo serrato tra l’autore e cittadini comuni, un confronto acceso e diretto che scava sotto la superficie delle verità ufficiali.

Chomsky smonta il mito della democrazia americana, mostrando come il potere – quello vero, economico, militare, mediatico – agisca spesso in totale indipendenza dai principi costituzionali. L’America, ci dice, non è il faro della democrazia: bensì è un impero che ha ucciso milioni di persone nel mondo, spesso agendo nell’ombra o delegando la violenza a regimi compiacenti.

Il giornalismo, a sua volta, è descritto come una macchina di consenso, asservita agli interessi del potere economico. “Quanti inserzionisti arabi credi che abbiamo?”: con questa domanda, un redattore del Boston Globe liquida l’ipotesi di una stampa imparziale sul conflitto israelo-palestinese. L’informazione, dice Chomsky, non è libera: è selettiva, gerarchica, funzionale al sistema.

Ma qui sta la potenza del libro. Il libro che – nella sua essenza – ha il coraggio di criticare la figura stessa dell’intellettuale: non come chi usa la mente, ma come chi produce ideologia per conto dei potenti. Da qui, l’invito a una sana dose di anti-intellettualismo – non rifiuto della conoscenza, ma opposizione a chi la manipola per giustificare l’ingiustificabile.

Al termine della lettura, qualcosa ci cambia intrinsecamente. Ci si sente più disillusi, più inquieti, forse più soli. Ma sicuramente più lucidi. Chomsky non offre soluzioni, ma strumenti per leggere il presente: guerre senza dichiarazione, potere senza volto, catastrofi ambientali annunciate e ignorate. È un libro che non consola, ma che sveglia dalla paralisi che addormentata la massa. Un libro che, scritto almeno 15 anni prima dell’elezione di Donald Trump, sembra averci azzeccato, sembra essere stato quasi – a tratti – profetico riguardo alla decadenza dell’egemonia democratica americana. Chomsky forse con questo libro già negli inizi del 2000 ci diceva che il Popolo ha bisogno di un risveglio collettivo. 

Ed è nel risveglio che può iniziare una nuova forma di responsabilità.

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