Un articolo di Francesco Scarangella.
Secondo la giurisprudenza (cause riunite C-434719 e C-435/19 “Poste Italiane”) della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, si definisce “aiuto di stato” un “intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali, che […] possa incidere sugli scambi tra gli stati membri, che […] conceda un vantaggio selettivo al suo beneficiario e che falsi o minacci di falsare la concorrenza (sentenza del 15 maggio 2019, Schema e a., C-706/17, EU:C:019:407, punto 46 e giurisprudenza ivi Citata)”.
Nella sent. n. 22/2024 la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per il Veneto ha avuto modo di prendere nuovamente posizione sulla nozione di aiuto di Stato, con particolare riguardo alle conseguenze degli illegittimi versamenti di aiuti di Stato in tema di responsabilità contabile dei funzionari pubblici.
La sentenza di cui trattasi trae origine da una serie di emolumenti, accordati in più soluzioni con separati provvedimenti di determina di liquidazione dal Comune di Auronzo di Cadore (BL) al Consorzio Turistico “Tre Cime Dolomiti”: nell’ambito di varie elargizioni, di diverso ammontare, venivano complessivamente accreditati al prefato Ente delle somme per un totale di €257.545,16.
La vicenda giungeva finalmente all’attenzione del Pubblico Ministero, in quanto i contributi così erogati – seppure formalmente qualificati dall’Amministrazione Comunale come esenti dall’obbligo di notificazione di cui all’art. 108 TFUE secondo il regime de minimis – ammontavano in verità ad una cifra superiore alla soglia di esclusione: da tale violazione sarebbero discesi non soltanto l’obbligo di revoca delle misure costitutive di aiuto di Stato, ma anche la responsabilità patrimoniale di alcuni Amministratori e Funzionari per illegittima dazione di contributi pubblici.
Affermata anzitutto la propria giurisdizione a pronunciarsi incidenter tantum sulla materia dell’aiuto di Stato – riservata alla competenza della Commissione Europea ed alla cognizione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea esclusivamente ai fini di cui all’art. 108 TFUE, ma non con riguardo alla materia contabile – la Corte procede a verificare la natura delle somme erogate dal Comune.
Premessa la qualificazione ex lege ai sensi della legge regionale n.11/2013 quale servizio pubblico locale dell’attività di informazione e accoglienza turistica esercitata dal Consorzio, la predetta attività può ad avviso del Collegio essere ulteriormente qualificata come “servizio di interesse economico generale” di diritto euronionale, trattandosi di un servizio avente rilevanza economica ed interesse generale: la nozione di SIEG si estende, infatti, a tutti i servizi di natura pubblica, ancorché originariamente ideata per le sole utilities.
Secondo la Decisione 2012/21/UE della Commissione, non tutti i SIEG restano eventi dal regime ordinario della previa notifica ed approvazione degli aiuti di Stato: richiamato il diritto pretorio europeo con richiamo alla sentenza Altmark (Causa C-280/00), la decisione prevede che:
1) l’impresa beneficiaria sia effettivamente chiamata all’adempimento degli obblighi di servizio pubblico prestabiliti;
2) che la compensazione sia predeterminabile;
3) che la compensazione non superiore ai costi sostenuti dall’ente;
4) che il concessionario sia selezionato tramite una procedura ad evidenza pubblica sulla base del miglior corrispettivo, ovvero, in assenza di gara, che il compenso accreditato al concessionario designato sia rigorosamente commisurato al costo medio ordinario delle prestazioni;
5) che l’amministrazione effettui controlli sul livello e sull’efficienza dei servizi.
Allorché taluna di siffatte fattispecie non sia integrata, l’erogazione si considera aiuto di Stato ai fini di cui all’art. 108 TFUE.
Ad avviso del Collegio giudicante, le somme stanziate dal comune di Auronzo sarebbero risultate troppo ingenti, per poter effettivamente soddisfare i prefati requisiti: violando, così, la Decisione della Commissione, con un finanziamento che superava la mera copertura delle spese sostenute dall’Ente beneficiario.
La stessa Amministrazione aveva, oltretutto, denominato lo stanziamento come un “contributo”: e non, invece, come il “corrispettivo” erogato a fronte di una controprestazione.
Consta, inoltre, per tabulas come l’Ente beneficiario dei finanziamenti comunali non sia stato individuato in esito ad una gara pubblica e come le elargizioni ad esso corrisposte non fossero state commisurate alla pura e semplice copertura dei costi tenuti, risultando econverso di molto superiori. Ai fini di un tale computo, l’Amministrazione avrebbe previamente dovuto valutare i costi medi di gestione del servizio – eventualmente inclusivi di un ragionevole margine di utile – limitando a tale valore economico la grandezza finanziaria dei propri stanziamenti: di fatto, le somme erogate dal Comune si sarebbero poste, a dire del Giudice Contabile, largamente al di sopra di tale livello, esulando dalla semplice natura di corrispettivo per un servizio adempiuto dall’Ente, ma qualificandosi quale elargizione potenzialmente rientrante nella disciplina degli aiuti di Stato.
Non veniva, neppure, concretamente precisato il contenuto degli “obblighi di servizio” assunti dal consorzio: violando, così, non solo la decisione della Commissione, ma anche la disciplina regionale Veneta in materia.
Mancavano, poi, i doverosi controlli sulla qualità dei servizi effettivamente prestati dall’Ente beneficiario.
La qualificazione delle erogazioni liquidate dal Comune come aiuti di Stato avrebbe, dunque, trovato anzitutto una conferma formale: ma avrebbe anche disposto di molteplici e solide radici sostanziali. Conseguentemente, la Corte dei Conti procede a qualificare le erogazioni corrisposte al Consorzio come un vero e proprio aiuto di Stato, per inosservanza della citata Decisione della Commissione.
Il Collegio viene, poi, a rappresentare la ratio legis insita nella violata disciplina Europea: assicurare una più accorta spendita dei fondi pubblici in possesso delle Pubbliche Amministrazioni; agire secondo imparzialità così da non infirmare la concorrenzialità economica del mercato; distinguere dalle altre attività del Beneficiario i servizi esercitati in regime pubblicistico.
Più genericamente, ad avviso del Collegio la descritta fattispecie concreta integrerebbe tutti i requisiti preveduti dalla nozione di aiuto di Stato: si sarebbe trattato di uno stanziamento di fondi pubblici, idoneo a ledere la concorrenza accordando un vantaggio selettivo all’operatore economico beneficiario ed infirmando gli scambi economici tra gli Stati Membri.
Di fatto, la misura sarebbe stata concessa direttamente dal Comune di Auronzo e la gran copia di danaro liquidato dalla PA sarebbe stata idonea non solo a coprire integralmente i costi del servizio, ma anche ad accrescere apprezzabilmente i ricavi dell’Ente beneficiario.
Al contempo, è indubbio che lo stanziamento in questione abbia offerto una posizione competitiva commercialmente poziore, qualificandosi, in tal modo, a pieno titolo come un aiuto di Stato.
Né rileva, ai fini di cui trattasi, la natura non lucrativa del Consorzio beneficiario, poiché la disciplina sugli aiuti di Stato si applica ad ogni tipologia di Ente: purché questo offra beni o servizi esercitando una propria attività economica – ancorché non lucrativa – potenzialmente idonea ad incidere sulla concorrenza del mercato-
Per quando concerne i SIEG, la soglia di esclusione al di sopra della quale il regime de minimis sarà considerato inapplicabile è di €500.000 nell’arco di tre esercizi finanziari (valutati con riguardo alla durata del periodo di esercizio statutariamente prestabilita dall’Ente percipiente): nel caso di specie, le somme percepite dal Consorzio superavano siffatto limite, ammontando ad €539.000.
Alcuni degli aiuti erogati dal Comune di Auronzo non potevano, peraltro, rientrare nel regime SIEG, con la conseguenza che il massimale in tal caso applicabile si attestasse ad appena euro 200.000: si trattava, infatti, di somme erogate a sostegno della finanza ordinaria dell’ente, senza imporre alcun vincolo di corrispettività o di destinazione e senza, dunque. prendere in considerazione le attività di rilievo pubblicisitico dal Consorzio concretamente adempiute.
Ciò premesso, la Corte conclude nel senso della illegittimità delle erogazioni somministrate al Consorzio Tre Cime da parte del Comune di Auronzo, in quanto a pieno titolo costitutive di un aiuto di Stato.
Attesa la natura antigiuridica dello stanziamento – che, come evidenziato, la Corte dei Conti veneta ha il solo potere di accertare incidenter tantum essendo la giurisdizione in materia esclusivamente devoluta al Giudice di Lussemburgo ex art. 108 TFUE – il collegio veneto ritiene che nel caso in questione sussista la responsabilità degli Amministratori e Funzionari del Comune di Auronzo di Cadore per danno erariale: la Corte ritiene pienamente provato l’elemento soggettivo del dolo per quattro dei cinque soggetti coinvolti; uno di essi avrebbe, invece, agito a dire del Collegio con colpa grave.
Secondo la Corte, la colpa grave del Funzionario deve essere valutata sulla scorta delle sue competenze professionali: la responsabilità di un soggetto appartenente alle Amministrazioni deve essere valutata “alla luce della specifica professionalità rivestita dal convenuto quale responsabile del servizio economico-finanziario del comune di Auronzo”.
Affinché la colpa grave sia integrata, è indispensabile, a dire della Corte, la che sulla base della professionalità di ciascun prevenuto si possa osservare una negligenza “gravissima e non scusabile”.
Sebbene l’art. 1, co. 1 bis della L. n. 20/1994 permetta la diminuzione del quantum del risarcimento dovuto in ragione del beneficio comunque conseguito dall’Ente per effetto della condotta illecita, tale beneficio non viene nel caso di specie accordato dal Giudice contabile in quanto mancherebbe ad avviso dei giudicanti qualunque prova di eventuali vantaggi, conseguiti dall’Amministrazione: anzi, carente sarebbe tanto la prova dell’effettivo svolgimento del servizio, quanto, tanto più, la prova dell’utilitas fattualmente goduta dal Comune in fruizione di siffatto servizio.
Riferimenti:
Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Veneto, sent. n. 22/2024